Gli acquedotti romani prodigio di ingegneria
Plinio il Vecchio diceva “Sono le acque a fare la città”, successivamente anche Leonardo da Vinci riprese questa frase e in tempi più recenti anche Gabriele D’Annunzio, riferendosi a Venezia, pronuncio’ la stessa frase come a sottolineare l’importanza dell’acqua nella creazione e nella vita delle città
I romani l’avevano capito bene, fin da subito!
Gli acquedotti romani sono un vero e proprio prodigio di ingegneria antica, in questo episodio vi racconterò alcuni aspetti tecnici di queste opere straordinarie.
La progettazione di un acquedotto iniziava dalla ricerca di una fonte d’acqua, questa doveva essere possibilmente in una zona collinare, come vedremo tra poco per portare l’acqua in città bisognava rimanere in una certa pendenza altrimenti le cose si complicavano.
Ma come sceglievano la sorgente giusta?
Oggi gli ingegneri e archeologi, dopo aver studiato tanti acquedotti sparsi nell’impero, hanno ben capito che non sceglievano la fonte più comoda o più vicina, ma il criterio principale era trovare una o più fonti d’acqua pura, buona e abbondante e non stagionale che potesse approvvigionare una intera città.
I Romani quindi cercano inizialmente le fonti disponibili che si trovano ad una altezza superiore a quella della città, dal punto di partenza A la fonte, al punto di arrivo B la città, si doveva avere una pendenza che poteva variare ed era sempre compresa tra lo 0,05 e il 5% .
Gli acquedotti in alcuni casi sfruttavano anche sistemi meccanici come la vite di Ctesibio o le catenarie con i secchi, ma principalmente sfruttavano la fisica, la forza di gravità!
Era quindi fondamentale che la fonte d’acqua doveva essere posizionata più in alto rispetto alla sua destinazione. Tutto il progetto si basava su questa pendenza che doveva essere assolutamente rispettata, come abbiamo detto prima doveva essere compresa tra lo 0,05 e il 5%, come possiamo immaginare, con poca pendenza il risultato era un acquedotto a pressione bassa, come per esempio l’acquedotto di Cartagine.
(Il 2% su 1km (1000m) sono 20 metri!!!! La formula è pendenza = dislivello / lunghezza * 100; la pendenza da te citata, ovvero lo 0,03% è piuttosto rara e utilizzata per acquedotti a pressione bassa, come ad esempio l’acquedotto di Cartagine)
Non importava se nel cammino del condotto ci fossero valli o montagne, la condotta doveva proseguire km dopo km rispettando le pendenze del progetto degli ingegneri.
Dopo 2300 anni di storia, vi ricordo che il primo acquedotto romano è l’Acqua Appia del 312 a.C. noi oggi guardiamo ancora con enorme rispetto queste incredibili opere dell’ingegneria romana.
Pensate che ci sono acquedotti con condutture di oltre 50 km arrivando addirittura a quello di Costantinopoli, voluto da Valente, con più di 460 km di lunghezza!
Un percorso che dopo aver attraversato colline, montagne, valli e vegetazione arrivavano in città con un dislivello di pochi metri rispetto alla sorgente.
Straordinario!
I Romani hanno realizzato opere colossali sfidando i propri limiti tecnici e umani, una audacia quasi sovrumana, ai limiti del possibile e immaginabile.
Proviamo a immaginare quei popoli che dal nulla vedevano nascere città con acqua pulita e abbondante per tutti, camminando potevano vedere questi ponti alti anche 50 metri, più di un palazzo moderno, con due e anche tre file di archi e in alcuni casi, come ad Ostia, l’acquedotto scorreva sopra le insulae!!
Cosa potevano pensare queste persone abituate a non avere acqua o a bere quella di qualche pozzo!
Ma è a Roma che gli ingegneri romani hanno oltrepassato i limiti del possibile, realizzando opere che ancora oggi possiamo vedere, un sistema idrico composta da ben 11 acquedotti che portavano acqua da fonti lontane anche 90 km, Il più lungo è l’Acqua Marcia di ben 91km
Vi immaginate circa 2000 anni fa realizzare non uno, ma ben 11 acquedotti per centinaia e centinaia di km di ponti, gallerie sotteranee, condutture in cemento e piombo.
Pensate che si stima sia stati realizzati in circa 550 anni la bellezza di 800 km di acquedotti.
Tutto questo per dare a Roma acqua pulita e in abbondanza, creando una città vivibile e moderna.
Città moderne forse anche più di oggi!
Bene, scelta la fonte e realizzato il progetto di tutta l’opera, Roma decideva se approvare il progetto e finanziare la costruzione.
Dalla fonte solitamente il primo tratto era interrato, anche a decine di metri sotto terra o nella roccia, si costruivano delle gallerie che a distanze di 30 o 50 metri avevano dei pozzetti di ispezione verticali che permettevano successivamente durante il loro utilizzo di controllare e fare le manutenzioni.
Quindi controllavano le condizioni dello speco, ed eventualmente rimuovevano il calcare che si formava nelle pareti laterali e nel fondo. Infatti nei punti dove realizzavano i pozzetti nel condotto dello speco veniva creata una vasca di sedimentazione, che serviva a ripulire l’acqua.
Immaginiamo l’acqua che scorre nel condotto, quando si trova a passare sopra queste piccole vasche eventuale sabbia o pietre possono depositarsi nel suo fondo e non proseguire insieme al flusso di acqua.
Immaginiamo che lungo tutto il percorso c’erano tanti di questi pozzetti e quindi l’acqua arrivava in città praticamente pulita come quella della fonte.
Questo non bastava, durante il tragitto l’acqua incontrava le vasche di sedimentazione, queste servivano a rallentare il flusso dell’acqua e far depositare tutte le impurità più pesanti presenti nell’acqua come foglie, sabbia e pietroline che rimanevano li sul fondo.
Nei km di acquedotto, vi erano più vasche di sedimentazione, questo assicurava una acqua molto buona e pura.
Durante il percorso i romani erano costretti a creare tunnel nelle montagne oppure realizzare ponti ad uno, due e anche tre arcate sovrapposte per superare le valli.
Opere di ingegneria e architettura che lasciano a bocca aperta ancora oggi, li dove prima non c’era il nulla nascono delle costruzioni che testimoniano le capacità e l’audacia degli ingegneri e degli operai, vorrei sottolineare questo!
La storia ha visto uomini e popoli straordinari, ma i romani con la costruzione di centinaia e centinaia di acquedotti in tutto l’impero hanno fatto qualcosa che và aldilà di ogni immaginazione.
I romani sono andati oltre, davvero oltre, mostrando al mondo una capacità e una audacia ineguagliabile.
Vedere da vicino e poter toccare queste opere è una emozione grandissima, la mente ti mostra dei flash che ti sembra quasi di vedere i capi cantiere e gli operai che con gli scalpelli lavorano i blocchi di pietra, impastano il cemento e la gru che porta su i pesanti blocchi.
Ci sono acquedotti che hanno raggiunto i 50 meri di altezza, realizzati su tre arcate, di cui alcune anche carrabili, come nel caso del Pont du Gard in Francia.
Questa è una opera titanica, una sfida quasi impossibile affrontata con intelligenza, caparbietà, forza fisica e mentale.
In diversi casi gli ingegneri non realizzano un ponte per attraversare le valli, ma sfruttano la fisica, la legge dei vasi comunicanti!
Questa è conosciuta come sifone invertito.
Bene, diciamo subito che tanti dettagli che oggi sappiamo sulla costruzione degli acquedotti romani provengono dagli appunti dell’architetto Frontino, che durante il periodo Traiano appunta ogni cosa, ogni dettaglio.
Lui che era stato nominato responsabile delle acque andava ad analizzare e controllare ogni cosa, fortunatamente scriveva e sono arrivati a noi i vari metodi di costruzione di un acquedotto.
Finalmente siamo arrivati in città a questo punto l’acqua entrava nel castellum acquae, qui l’acqua prendeva solitamente tre direzioni, una andava alle domus e alle case dei più ricchi, un’altra andava alle terme e infine un’altra andava ai bagni pubblici e alle fontane.
Finalmente dopo lunghi tragitti l’acqua e in città a disposizione di tutti.
Naturalmente se ne potrebbe parlare per ore entrando nei dettagli e vedendo degli esempi che ancora oggi sono li dopo 2.000 anni.
Per il momento questo episodio termina quà ma torneremo presto a parlare degli acquedotti e ponti romani, testimonianza straordinaria di una civiltà che aveva compreso l’importanza dell’acqua per la crescita e lo sviluppo dei popoli.
Gian Mario F. Frau